Il consiglio di amministrazione di Tim, società di telecomunicazioni italiana, ha approvato la vendita della sua rete al fondo di investimento Kkr per un valore di 22 miliardi di euro. La decisione è stata presa dal board a maggioranza, con 11 consiglieri a favore e 3 contrario. Non sarà necessario il passaggio per l’assemblea degli azionisti.
Tuttavia, il gruppo Vivendi, il principale azionista di Tim, ha definito la decisione “illegittima” e ha minacciato azioni legali sia contro la compagnia che contro i consiglieri che hanno approvato la vendita. L’offerta di Kkr valuta la rete di Tim, esclusa Sparkle, circa 19 miliardi di euro, con la possibilità di aggiungere altri 3 miliardi in futuro, a condizione che avvenga la fusione con Open Fiber.
La nuova società infrastrutturale, chiamata Netco, avrà come azionisti il ministero delle Finanze, che deterrà il 20% delle azioni, e il fondo italiano F2i. Questa operazione consentirà a Tim di ridurre il proprio debito di oltre 30 miliardi di euro, nonché di ridurre il numero dei dipendenti. In totale, circa 20.000 dipendenti di Tim passeranno a Netco.
L’operazione di vendita della rete di Tim a Kkr è prevista per l’estate del 2024, una volta ottenute le autorizzazioni da parte delle autorità Antitrust, dell’Unione Europea e del governo italiano.
La reazione di Vivendi è stata di forte disappunto, affermando che i diritti degli azionisti di Tim sono stati violati. Si prospetta quindi una possibile azione legale da parte di Vivendi, inclusa la possibilità di un diritto di recesso.
Anche il fondo Merlyn ha protestato contro l’operazione, sostenendo un piano alternativo che prevede di mantenere la rete e i servizi per le imprese sotto il controllo di Tim. Il fondo si riserva il diritto di intraprendere azioni per convocare un’assemblea dei soci al fine di contrastare la vendita della rete.
Durante l’operazione, numerose banche d’affari e consulenti finanziari hanno assistito sia Tim che il fondo Kkr, fornendo supporto e consulenza professionale.
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