Indy Gregory, una bambina inglese di soli 8 mesi, è morta all’ospedale di Nottingham a causa di una malattia incurabile. La piccola soffriva di una grave patologia mitocondriale e i genitori avevano cercato di farla trasferire al Bambino Gesù di Roma, ottenendo la cittadinanza italiana. Purtroppo, la Corte d’Appello inglese ha respinto la richiesta, lasciando i genitori sconvolti e disperati.
La decisione dei tribunali inglesi ha scatenato la rabbia e la tristezza dei genitori, che hanno accusato il sistema sanitario britannico di privare la loro figlia della possibilità di vivere e morire nella sua casa, circondata dalla sua famiglia. Nonostante la lunga battaglia legale dei genitori, la Corte d’Appello ha ordinato l’interruzione dei trattamenti vitali per Indy e il suo trasferimento in un hospice, per permettere alla bambina di affrontare il percorso di distacco senza ulteriori sofferenze.
La notizia ha suscitato l’attenzione di numerosi personaggi pubblici e istituzioni religiose. Papa Francesco ha espresso le sue condoglianze alla famiglia Gregory, mentre diverse associazioni religiose hanno offerto il loro sostegno in questa difficile lotta. Non è la prima volta che si verifica un caso del genere nel Regno Unito: negli ultimi dieci anni, abbiamo assistito alla morte di altri due bambini, Alfie Evans e Charlie Gard, entrambi affetti da malattie incurabili, dopo lunghe battaglie legali che hanno attirato l’attenzione e commosso il mondo intero.
La legge britannica prevede che gli ospedali debbano disporre di consulenti legali per difendere gli interessi dei pazienti minori, anche contro la volontà dei genitori, se si ritiene che prolungare il supporto artificiale costituirebbe un accanimento terapeutico. Questa disposizione ha spesso generato controversie e tensioni con le famiglie coinvolte, come nel caso dei genitori di Indy Gregory, che hanno lottato fin dall’inizio per la possibilità di permettere alla loro figlia di vivere fino all’ultimo in un ambiente familiare e amorevole.
La morte di Indy Gregory continua a suscitare numerose domande e dibattiti sulla delicatezza dell’equilibrio tra il diritto alla vita e il diritto di morire dignitosamente. Molti sperano che questi tragici eventi spingano a una riflessione sulle lacune del sistema sanitario e giuridico britannico, al fine di evitare situazioni simili in futuro. Le associazioni e i sostenitori della famiglia Gregory si augurano che la loro lotta aiuti anche a una maggiore consapevolezza e sensibilizzazione su questo tema delicato e complesso, affinché nessuna famiglia debba affrontare una simile sofferenza e ingiustizia.
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